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TIRO al BARATTOLO

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DOPO CATANIA

Nessuno che sta comodo su un divano, si alza per andare a sedere su uno sgabello.
Nessuno che sta bene a casa propria s’ingegna per entrare in casa di altri sapendo che per farlo rischia la vita. Sappiamo bene, noi che siamo abituati ad una certa vita che l’Europa non è il paese del bengodi, ma tutto è relativo e dipende dal punto di partenza.
Leggendo alcuni commenti al tragico sbarco di Catania ho letto di tutto … addirittura che l’interesse di una certa sinistra ad avere qui immigrati l’ha spinta a sovvenzionare il traffico clandestino di essere umani.
È un traffico talmente costoso (da una parte e redditizio dall’altra) che il viaggio in aereo o in traghetto sarebbe dieci volte più conveniente, ma evidentemente non è possibile. Fosse possibile si eviterebbe il traffico delle carrette del mare con i suoi costi umani e tutte le spese che stiamo affrontando per sorvegliare le coste e assistere uno stuolo di disgraziati. È una questione politica non solo italiana ma europea perché Malta e Grecia sono nelle stesse condizioni, se non peggio.
Varrebbe la pena fare alcune considerazioni.
La prima è che il fenomeno delle carrette del mare con i suoi tragici eventi è minimale nella dimensione dell’immigrazione clandestina che per la maggior parte segue altre strade: le frontiere più permeabili e frequentate sono quelle stradali e aeroportuali.
L’altra considerazione riguarda il fenomeno della globalizzazione che ha reso il mondo più piccolo, più conosciuto (per chi lo vuole conoscere) che sicuramente favorisce quel fenomeno ancestrale che è la migrazione delle persone e dei popoli. Di fatto l’emigrazione degli italiani all’estero non si è mai fermata anche se ha cambiato nei modi e nella tipologia e in non molto tempo; dalla tragedia di Marcinelle non sono ancora passati 60 anni.
L’ultima è più complessa considerazione riguarda la povertà e l’invivibilità dei luoghi di partenza. Le cause possono raggrupparsi in due ambiti: uno naturale e l’altro umano.
Quello naturale è dovuto principalmente alla desertificazione di alcune aree, a questo possiamo farci poco se non valutazioni più ampie sull’inquinamento atmosferico comunque prodotto dal mondo occidentale industrializzato. Se questa è una causa non siamo senza responsabilità e il porci rimedio sembra difficile e comunque a lungo termine.
Le cause umane sono molteplici ma si possono raggruppare in tre filoni che si intersecano: la guerra, la corruzione, la mancanza di risorse. Questi tre fenomeni non sono scaricabili semplicemente sulle spalle di chi li subiscono perché il mondo occidentale ne è largamente responsabile per motivazioni storiche che hanno indotto certi fenomeni e per la situazione attuale.
Le guerre fanno comodo all’industria bellica occidentale che se non producesse e vendesse armi risolverebbe parte del problema con un sicuro ritorno a lance e frecce.
Le guerre hanno sempre motivazioni economiche in parte dovute al possesso del territorio e delle sue risorse. Nella fattispecie quei territori e quelle risorse che un tempo furono acquisite dal mondo occidentale nel fenomeno coloniale adesso, in modo molto più elegante – ma non troppo – è ugualmente sfruttato dal mondo occidentale in nuove forme di colonialismo economico.
Prima di tutto sono appetite le risorse del sottosuolo, petrolio e gas naturali in testa, ricercati ed estratti da società e multinazionali occidentali; poi ci sono i metalli pregiati e preziosi come l’oro, il rame o il più appetito Corten. Il loro sfruttamento non ha scrupoli – a suo tempo le miniere di mica hanno prodotto lavoro e sfruttamento, quando non sono più servite hanno lasciato solo miseria e rabbia. È proprio lo sfruttamento dei tesori del sottosuolo che col gioco degli appalti ingenera corruzione che uno dei mali peggiori dell’Africa. Poi c’è lo sfruttamento del suolo con la formazione di latifondi monocultura che ha sottratto terre alle coltivazioni familiari che permettevano la sopravvivenza di interi villaggi secondo antiche tradizioni. Ma il mondo occidentale ha bisogno di Ananas, di banane a costo irrisorio come di quelle produzioni che alimentano l’industria dei biocarburanti.

Prima di sparare sentenze sul fenomeno migratorio occorre togliersi i paraocchi e attivare una seria considerazione su quei fenomeni che continuano ad alimentarla e di cui siamo responsabili.